GINO SANDRI

LA DOMUS PICTURÆ E LO STRANO CASO DI GINO SANDRI

 

La Domus Picturæ, non ha mai trascurato, grazie al suo presidente ed insegnante, professor Corrado Mauri, di proporre visite a mostre e città d’arte per arricchire il retroterra culturale nel campo e per insegnare le varie tecniche usate dai grandi artisti onde esprimere in modo significativo il loro mondo e la temperie culturale in cui vissero.

Perciò venerdì 22 aprile gli allievi si sono recati a Palazzo Arese Borromeo per visitare la mostra di Gino Sandri, organizzata dall’architetto Paolo Conti, presidente dell’Associazione Gino Sandri e dall’Amministrazione Comunale di Cesano Maderno.

Questo artista, formatosi all’Accademia di Brera con i maestri del primo Novecento (Tallone, Mentessi, Confalonieri, Bignami, Belloni, Wildt, Longoni ecc.), che nei primi anni della sua attività era in contatto e alla pari con i principali esponenti delle arti figurative , come Carlo Carrà e Aldo Carpi, e che avrebbe potuto svolgere un ruolo di primaria importanza nel mondo artistico del XX secolo, anche perché espone in vari luoghi ed ottiene riconoscimenti importanti dalla critica, viene travolto da un destino avverso che lo fa sparire dalla scena artistica e di conseguenza dimenticare. Infatti nel 1924 viene ricoverato in manicomio, forse anche per alcune affermazioni ostili al regime fascista. In questo modo anche la collaborazione con varie riviste dell’epoca cessa, isolandolo totalmente, se non per brevi periodi, dal mondo esterno. Da quel momento in poi la sua attenzione si volgerà ai suoi compagni di sventura che ritrarrà con fine acume psicologico riuscendo a penetrarne il carattere in modo sorprendente. I suoi disegni sono schizzati su qualsiasi foglio di carta gli capitasse e gli strumenti usati sono quelli che può permettersi chi non dispone di uno studio o almeno di spazi appropriati, cioè matita, carboncino, acquerello, sanguigna. Essi, oltre ad essere estremamente espressivi, sono eseguiti con una tecnica magistrale: il tratto è veloce e sicuro, privo di ripensamenti, proprio di chi ha il disegno nel sangue e non deve far altro che lasciar correre la matita sul foglio.

 

Il sacrista Spreafico mite beone

Mauri ha puntualmente fatto capire, ai propri allievi, quanto il talento, ma soprattutto lo studio attento e la conoscenza profonda delle modalità del disegno, hanno prodotto queste straordinarie opere e quanto l’Arte abbia, in buona parte, salvaguardato e mantenuto vivo il rapporto con la realtà di Sandri.

a terra

sul letto

I vari ritratti e situazioni sono inoltre accompagnati da annotazioni su quanto rappresentato, in quanto Sandri è anche scrittore e tiene un diario ricco di annotazioni e riflessioni personali Ma, al di là della tecnica e della bravura, queste opere costituiscono anche un prezioso documento storico di quello che, prima della riforma Basaglia, erano i manicomi, con tutta la loro carica di orrore e violenza che ne faceva quasi dei lager. Ed è proprio per sopravvivere in quelle condizioni che Sandri si concentra sull’arte.

Essa è la sua ancora di salvezza, gli offre la possibilità di non perdere completamente la ragione, di sentirsi ancora un essere umano, sebbene travolto da una bufera che ha dell’infernale. Ed è proprio questo suo coinvolgimento diretto che fa dei suoi disegni, più dei quadri, delle litografie e delle illustrazioni per riviste, il punto più alto della sua produzione artistica, che meriterebbe di essere più conosciuta di quanto oggi non sia, nonostante opere e scritti, custoditi nell’Archivio del pittore Gino Sandri siano stati dichiarati “di interesse storico particolarmente importante” dalla Soprintendenza Archivistica per la Lombardia, Ministero per i Beni e le Attività culturali.

Marina Napoletano

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