PALAZZO ARESE BORROMEO ( 30 ANTICAMERA VICINA AL CASTELLO

ANTICAMERA VICINA AL CASTELLO

Corrado Mauri

Dalla porta di sinistra della parete sud del Salone delle Colonne si accede alla Anticamera vicina al Castello ( la Sala del Castello, che già abbiamo visitato), una stanza che fungeva da anticamera e da snodo tra tre percorsi: a est agli appartamenti femminili di Donna Lucrezia e delle figlie Giulia e Margherita, a sud, tramite la Sala del Castello, al Salone dei Fasti Romani, alla Boscareccia, alla Scala degli Stemmi ed al quartiere sapienzale, ad ovest alla Stanza ad Architettura e Paesi sino alla Tribuna dell’Oratorio dell’Angelo Custode.

L’impostazione quadraturistica è abbastanza semplice e già incontrata, dà la sensazione di trovarsi in una loggia e di essere circondati totalmente dal paesaggio. Consiste in un basamento a specchi privi di decorazioni e una serie di pilastri rivestiti in lastre di marmo che sostengono una trabeazione a doppia fascia: la prima è una sequenza continua di triglifi, di classica memoria, la seconda un fregio continuo di volute vegetali, il tutto interrotto da peducci con volute vegetali e nelle due pareti, dove non si appoggiano le due travi del soffitto, sono presenti protomi leonine.  Prima di analizzare i paesaggi dobbiamo constatare come nella parete est esso è stato coperto da una tonalità grigia da cui traspare qualche elemento di una possibile torre con cupola. A conferma, nella sottile striscia tra i pilastri e le due porte con stipiti in legno, sono rimaste più evidenti le tracce del paesaggio, improbabile stabilire quando ciò sia avvenuto. Va detto chiaramente che, non solo ad una prima impressione, ma ad un esame attento, la qualità della pittura è piuttosto scarsa e monotona, priva di qualsiasi slancio o velleità creativa, un copiare, e male, i bei paesaggi del Ghisolfi. Tre di essi sono lacustri (senza rispettare la stessa altezza della linea dell’acqua per dare il senso di continuità nello stesso paesaggio), gli altri due delle balze di terreno con qualche pianta e due barche su un lago, il tutto con tanto cielo, nel quale i pochi uccelli sono i soggetti forse più interessanti. Le piante sono rese in modo essenziale con scarsa attenzione alle foglie e realizzate più a singole zone con un tono generale. Quella più curata è nello stretto spazio tra il pilastro e la porta della Sala del Castello, in essa le foglie presentano le doverose variazioni tonali, anche se la direzione della luce non è rispettata.  Le case, tutte grandi, a due o tre piani, squadrate e prive di qualsiasi decorazione o rientri e sporgenze, come quelle dei balconi, dipinte con un segno costante e privo di sensibilità, una unica variante nella torre diroccata al cui interno è cresciuto un albero.

Fare un nome proprio non saprei, nella Stanza degli Amorini avevamo già notato, sempre in paesaggi, un pittore non esaltante, ma in confronto con questo è bravo. Ciò, secondo me, implica anche un problema cronologico: non è individuabile nella schiera dei vari collaboratori del Ghisolfi o del Villa sino ad ora incontrati. Riscontrando la mancanza di elementi che possano riferirsi a modalità stilistiche cronologicamente individuabili, sono più propenso a pensare ad un intervento successivo, in epoca imprecisata, (mi è difficile pensare che il nostro Bartolomeo avrebbe accettato questa scarsa qualità) qualche decennio prima o dopo, comunque, agli interventi del conte Renato III.

Al contrario, per quanto riguarda le quadrature, l’assegnazione al Villa è ormai costantemente da confermare. Basta osservare i girali vegetali o le piccole protomi leonine per riconoscere il suo modus pingendi.  Nei sovrapporta sono inseriti degli specchi marmorei, anche qui si evita l’inserimento di elementi figurativi per non esprimere determinati significati o simbologie. Ogni tanto un uccellino sullo stipite non manca, come nella porta che immette nella Stanza del Castello, mentre in quella che conduce alla Stanza dipinta ad Architettura e Paesi, nel semiarco troviamo la solita corona marchionale con le ali Arese, che ormai, da copione, ha una variante con le due ali che paiono sollevarsi e, quasi, spiccare il volo, ma senza allusioni ereditarie. Alla testa dell’arco il fiocco del nastro a cui sono legati due festoni e, tanto per non annoiarsi, qualche pennellata di azzurro nelle ombre

Le protomi leonine esprimono una un lieve timore e un’altra aggressività.