PALAZZO ARESE BORROMEO ( 27

ANTICAMERA AL MODERNO e Appartamento Bartolomeo III

Corrado Mauri

Dalla Sala dei Motti, tramite la porta con la Fenice dipinta, si accede direttamente ad una piccola Sala che nell’Inventario del 1716 è detta Saletta in fine di d(ett)a Galleria, dipinta à paesi, mentre nell’Inventario 1762 è Anticamera accomodata e dipinta al moderno, evidenziando l’avvenuta sistemazione al moderno del conte Renato III, come per la Sala dei Motti. All’epoca di Bartolomeo III da questo ambiente si accedeva al ballatoio dello Scalone di sasso, ed era affrescato con ampi paesaggi sempre all’interno delle quadrature architettoniche. La sua funzione era, molto probabilmente, di anticamera.

Questo ambiente subisce le stesse sorti della Sala dei Motti per volontà di Renato III, scialbato e con l’abbassamento del soffitto che ha distrutto, anche qui, gli affreschi seicenteschi senz’altro una trabeazione con volute ed altri soliti particolari decorativi, il tutto ripristinato, per quanto possibile, nei restauri dei primi anni duemila.

L’impostazione è alquanto semplice rispetto ad altre Sale: uno zoccolo a specchi privi di decorazioni, su cui si innestano dei pilastri cruciformi con una decorazione, lungo l’asse verticale, ad ovuli orizzontali sovrapposti e, ogni tre, alternati a rosette; i capitelli presentano le ali Arese, con l’aggiunta di qualche voluta. Gli ovuli sono l’ennesimo esempio delle continue novità che sono proposte dal pittore Villa, nella ribadita volontà di non ripetere gli elementi decorativi. Anche qui i pilastri creano una loggia dalla quale e sempre a 360 gradi, si osserva tutto il paesaggio circostante senza interruzioni, anche nei brevi spazi tra i pilastri.

Il paesaggio è ampio e spazia in profondità, con alcune presenze legate alla semplice quotidianità: il pescatore, contadini con animali da soma, alcune costruzioni.  Lo spazio maggiore è riservato al cielo, in cui sono ben evidenti gli uccelli, che hanno preso possesso di una vecchia torre circolare o si posano anche sui sovrapporta, come la piccola civetta che è sì uccello notturno, con tutti i relativi rimandi, ma è anche l’animale simbolo di Minerva, dea della sapienza.   

Un’altra torre, è un mulino, sulla cui soglia una donna è in attesa di due asini carichi di grano spinti dal contadino. Poco dietro, un altro contadino porta un sacco pieno sulle spalle, in fondo ritroviamo un precario pontile con viandante come quello nella Boscareccia con S. Eustachio con i bagnanti. Due donne si avviano verso antiche rovine, sulle rocce del fondo, in fila capre e pecore stanno salendo. Più avanti, in cima a delle rupi, un piccolo borgo turrito, al quale si stanno avviando due persone e sul ponte un altro asinello carico insieme al padrone e un uomo a cavallo che si allontana, mentre in primo piano un altro è intento a pescare. Su altri due sovrapporta sono sempre presenti degli uccelli, ma sulla porta alla Sala dei Motti l’uccello è un pappagallo verde con due piccoli. Su quello alla Galleria, dove c’è la civetta, è presente con volute la testa di un putto e un cartiglio in cui purtroppo è completamente scomparso il testo, che forse annunciava i temi sapienzali della Galleria.

Il particolare senso di serena tranquillità che ci suggeriscono i paesaggi di questa Sala, erano forse la giusta e voluta pausa, prima o dopo, l’intensità della pregnanza culturale della Galleria o della Sala dei Motti.

In merito ai pittori, nella costante mancanza di documentazione certa, con buona sicurezza fare il nome di Giovanni Ghisolfi per i paesaggi è quasi ovvio, il suo rapido tocco è visibile in ogni elemento, ma il senso di unitarietà del colore e della luce è una altrettanta certezza. Questa non viene meno anche in riferimento alle quadrature architettoniche, che sono attribuibili sicuramente a Francesco Villa.

Al di là della Sala si accedeva al ballatoio con la Scala di sasso 1) ed a quattro ambienti che costituivano il quartiere o Appartamento riservato a Bartolomeo III. Nel 1760 il conte Renato III elimina lo Scalone e lo sostituisce con una piccola scala di servizio, realizzando un ulteriore ambiente che presenta una volta ribassata e decorata con elementi decorativi lineari, con al centro le iniziali di Renato III, tipici del rococò e senz’altro opera dei decoratori del Vestibolo e della Sala dei Ritratti Arese del piano terra. Attualmente è stato poi aggiunto un ascensore per le esigenze odierne.             Nelle Sale adiacenti non è stata riscontrata alcuna pittura ad affresco, a ribadirne l’uso strettamente riservato e privato per Bartolomeo. Forse la ricchezza di pensiero del nostro era tale che poter godere di pareti bianche o comunque neutre, costituiva quasi una esigenza, una necessaria pausa per ritrovarsi in clima quieto e calmo che favorisse un gradito rilassamento.    

 Nella prima Sala una porta conduce ad una Stanza più piccola detta dell’Alcova, mentre la porta finestra dà sul balcone che si affaccia sul Giardino. A nord si accede ad altra Sala ancora più grande, con camino e una porta da cui si accedeva direttamente alla Loggia, attualmente murata.

La terza stanza ha le finestre che danno sul cortile e, a nord, una porta che si apre sulla Loggia, a cui è stata aggiunta, durante i restauri, una porta di sicurezza verde. Un particolare interessante lo ritroviamo nel soffitto della piccola scala settecentesca nel quale, con i restauri, è stato evidenziato un brano della decorazione settecentesca, con eleganti giochi lineari che creano simmetrie ed il chiaroscuro accenna, più che creare, i volumi delle forme vegetali.

1) M. Rebosio, La “Torniola” e lo “Scalone di sasso” in Palazzo Arese Borromeo, Quaderni di Palazzo Arese Borromeo, Anno III – N. 2 nov. 2010. www.vivereilpalazzo.it