PALAZZO ARESE BORROMEO (16

ANTICAMERA DIPINTA AD ARCHITETTURA 

Corrado Mauri

Ritornando sui nostri passi per accedere al Salone dei Fasti Romani ritroviamo il secondo pianerottolo della Scala degli Stemmi ed entriamo nell’Anticamera dipinta ad Architettura. Infatti la Sala presenta una elegante quadratura architettonica e nelle pareti delle semplici cornici predisposte per dei dipinti.  Già immediatamente si può percepire come le differenze delle quadrature, nella loro ricchezza e particolarità degli elementi decorativi inseriti segnano la 

diversa tipologia delle Sale. Qui direi che siamo in una via di mezzo tra la ricchezza decorativa della Sala delle Rovine e la semplicità della Stanza a macchia celeste. Questo è significativo in quanto ci fa capire, ove ce ne fosse ancora bisogno, la costante attenzione ad ogni ambiente di Palazzo,  come tutto è calibrato e svolge un ruolo specifico.  Vediamo come si articola la Sala: uno zoccolo continuo con inserti marmorei e festoni bronzei sotto le finestre, lesene poggianti su plinti lievemente sporgenti, un semplice peduccio a sostenere i capitelli con cilindro pseudoionico, ulteriori basi sagomate che reggono dei cubi con volto femminile a bassorilievo e dadi sovrastanti, affiancati da fregi floreali bronzei con al centro un peduccio con testa barbuta sempre bronzea. Tutto questo regge a sua volta un fregio molto sporgente, su cui è impostato il soffitto sempre a passasotto.  La struttura delle quattro porte ha, su una mensola sagomata, dei putti con diversi

simboli.  Sulla porta d’ingresso il putto semisdraiato, dai lunghi capelli biondi, tiene un libro e con l’altra mano lascia pendere un’ala d’uccello.  Il riferimento a questo specifico particolare, che incontreremo più volte: nella Sala dei Fasti Romani, sul soffitto nella Galleria delle Arti Liberali e sulla Loggia, ci porta alla morte di Giulio II, con la conseguenza dell’estinzione degli Arese alla data del 1665, post quem per la datazione degli affreschi. Il secondo putto si appoggia a dei libri e porge una lettera, probabili riferimenti all’attività di Bartolomeo, il terzo regge un bastone, si potrebbe pensare a quello del comando. Il quarto è quello più problematico, è sulla porta che introduce al Salone, è sdraiato tiene una corda con fiocco in cui è infilata una medaglia il cui soggetto non è identificabile, sotto di lui c’è una targa con l’anno 1659, lo stesso della porta d’ingresso della Scala degli Stemmi, purtroppo del testo sono state cancellate due righe, della terza è rimasto ornamentum excoleb(at) che potrebbe riferirsi alla medaglia “mostrare il gioiello” oppure azzardando di più ed in riferimento al Salone “curare, onorare il pensiero”, semplici ipotesi. In merito alle ombre dei putti la prima e la quarta corrispondono puntualmente alla luce delle finestre, le altre due meno, ma la necessità di dare lo stesso effetto e distacco dalla parete degli altri ha fatto, probabilmente, derogare da un’ombra più vicina e piatta. E qui inevitabile il riferimento al quadraturista che per le identiche modalità pittoriche non può essere che il Villa, anche se nei putti non è al meglio delle sue capacità.  Dobbiamo senz’altro tener conto che il Villa si avvaleva di collaboratori, non è pensabile che abbia realizzato tutto da solo e quindi la qualità può essere non omogenea.

Osserviamo alcuni elementi: il capitello è alquanto articolato e preciso nei suoi costituenti, ma anche inventivo, come il cilindro sinuoso nei cui lati è la spirale ionica ma inclinata verso l’interno onde essere ben visibile e dal cui centro parte un panneggio di stoffa color indaco, raccolto sotto da una foglietta in stucco. Nel cubo il volto quasi più da bimba che donna col velo in testa, nodo all’altezza delle orecchie e panno sotto il mento che ci ricorda puntualmente i volti femminili nella base della Sala delle Rovine, con le stesse pennellate piene nelle luci. Altrettanto nei fregi decorativi vegetali bronzei, sempre ampia pennellata costruttiva nelle luci e più sottile nelle ombre, modalità ripresa in quegli strani volti maschili dei peducci la cui barba si trasforma in foglia vegetale, dove il disegnare il volto e le rughe nelle ombre torna sottile. Da notare il gioco della luce sui dadi che ci sottolinea la forte sporgenza del fregio superiore.

Un altro importante modus operandi del Villa è quello di decentrare le porte rispetto agli elementi decorativi circostanti, dando così una sensazione, pur minima, di maggior spazio, modus che ritroviamo qui, nella Stanza a Macchia Celeste e nella Sala delle Rovine ed è anche questa una sigla del Villa. Osservando la parte in ombra del fregio sporgente sono frequenti i punti in cui sembra che non sia stata completata la definizione pittorica evidenziandosi le sole linee nere del disegno. Questo non mi sembra dovuto a deterioramenti successivi, ma forse alla necessità di accelerare i tempi esecutivi. Negli angoli abbiamo le lesene a libro, i capitelli e il cubo sovrastante dove indubbiamente per la non rilevanza di questi punti più marginali, il Villa si lascia andare ad invenzioni figurative che esulano dal contesto generale di grande livello e tenuta culturale e simbolica, per evocare volti ambigui e ferigni.  Presenze alquanto inquietanti per il loro sguardo intimidatorio e minaccioso, che hanno avuto, ne sono convinto, la simpatica approvazione del nostro Bartolomeo.

Attualmente nella Sala sono esposte, nei relativi spazi delle cornici affrescate, due riproduzioni fotografiche su tela dei due ritratti presenti (confermati dagli inventari) dall’epoca di Bartolomeo III, grazie al progetto di riallestimento filologico dei Ritratti Arese (e non solo) del piano terra realizzato dall’Associazione “Vivere il Palazzo” nel marzo 2012[1]. Questi due ritratti completavano il progetto, pur nel dubbio di tutti noi che i personaggi non corrispondessero al cartellino che hanno sulla cornice nella loro sede di Palazzo Borromeo sull’Isola Madre del Lago Maggiore, e cioè il conte Renato II Borromeo e la contessa Giulia Arese. Infatti, in una ricerca successiva[2] Daniele Santambrogio ha individuato esattamente i personaggi raffigurati che sono il Governatore spagnolo di Milano Alfonso Perez de Vivero y Menchaca III conte di Fuensaldaña, in carica proprio nell’anno della data sulla porta, 1659, e della sua consorte la nobildonna Blanca Enriquez de Guzman. Un importante riconoscimento del rapporto ufficiale con la Monarchia spagnola ed il suo rappresentante ufficiale nella Sala che introduce all’ambiente di maggior rappresentanza del Palazzo e che, in un certo senso, annuncia la presenza dei ritratti dei Sovrani spagnoli nella Sala delle Colonne.


[1] M. Rebosio, S. Boldrini, D. Santambrogio, C. Mauri, Le Sale dei ritratti Arese Borromeo, “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo – Monografia 4, 2012. www.vivereilpalazzo.it

[2] D. Santambrogio, La vera identità di due personaggi ritratti nella “Anticamera dipinta ad Architettura faccia allo Scalone di ferro” di Palazzo Arese Borromeo “Quaderni di Palazzo Arese Borromeo – Anno V, n° 2, nov. 2012 www.vivereilpalazzo.it