PALAZZO ARESE BORROMEO (13

LA SALA A BOSCARECCIA

Corrado Mauri

I percorsi e le loro sequenze all’interno di Palazzo sono numerosi, le possibilità offerte varie, noi ora seguiamo una nostra logica di rapporto tra le Sale e vediamo di comprenderne nella diversa esecuzione e nella diversità dei soggetti il loro significato e quello che ci suggeriscono. 

Quindi entriamo nella Sala a Boscareccia subendone immediatamente lo straordinario fascino. Il clima cambia completamente, non abbiamo più le quadrature architettoniche, ma ci troviamo immersi in paesaggi continui, senza alcuna interruzione sulle quattro pareti.   Stando al centro della Sala siamo totalmente circondati dalla Natura, una Natura nella quale l’uomo è costantemente presente e partecipe con sue attività, con costruzioni ed edifici, quindi nessun aspetto selvaggio o di timor panico è presente. Ma una logica strutturale è ben evidente, ce ne rendiamo conto successivamente osservando gli angoli in cui sono presenti delle rocce-alberi che nella parte alta formano delle specie di archi naturali che confinano col soffitto a passasotto, e sono sorretti da colonne-tronchi.

Si viene come a realizzare una grande loggia naturale, coperta che mantiene, in un certo senso, il concetto interno – esterno già più volte analizzato. Quindi nessuna intenzione o volontà di creare sensazioni di incertezza o tantomeno di paura, siamo nella natura, ma a nostro agio. A dimostrarlo è la scelta di lasciare il soffitto come in tutte le altre Sale, se l’intenzione era di creare una totale immersione nella natura il soffitto avrebbe dovuto riproporre anche qui vegetazione, un possibile esempio la volta della Sala delle Asse di Leonardo al Castello Sforzesco di Milano, che Bartolomeo conosceva senz’altro. 

Nella parete sud vediamo cosa incontriamo: sopra la porta e sotto un arco naturale c’è una casa a più piani che in cima presenta una grande torre circolare che ricorda alquanto, pur se più piccola, la nostra “culumbera” nella corte agricola. In una pozza d’acqua, che arriva da una cascatella più avanti con due pescatori, alcuni uomini si fanno il bagno, in cima ad una collinetta un tempietto circolare con due frati che pregano. Di fronte ai bagnanti, su una rupe alcune case, da un camino esce del fumo ed un alto palo ha in cima un trespolo circolare, tipo albero della cuccagna, lì davanti due donne. Su un ramo nell’albero a destra, in primo piano, un pappagallo rosso, una bella macchia di colore ma anche un tono esotico, che potrebbe anche suggerire i commerci col sud America dei Borromeo nei primi del Seicento.

Nella parete est, con camino, dopo un arco naturale un pianoro con alcune figure in conversazione ed un Castello di forme eleganti, con un alto campanile. Si direbbe, vista la bifora, di epoca gotica, il tetto con abbaini e la copertura della torre angolare rimandano a modalità nordiche, ai piedi del castello è presente una terrazza sopraelevata con pioppi.  Oltre l’avvallamento, sul cui fondo è un lago, una rupe con un fortilizio medioevale, nel cielo due aironi, uccelli che rivedremo nella boscareccia piccola, con simbologia ben precisa.  Sopra la porta un’altra piccola cascatella e relativo ruscello ed un ponte di legno in forte pendenza e sostenuto da pali, con due viandanti di cui uno cavalca un asino.                                                                           

Alla parete nord le presenze sono numerose, si evidenzia, al di là di tronchi boschivi, un’alta cascata e ritroviamo il solito piccolo ponte di legno, precario e sempre animato da persone, appesantite da fardelli, che lo attraversano. Poco più in basso tre figure che gesticolano in maniera esagitata, sembrano imprecare contro un qualche cosa, più che tra di loro, purtroppo brutte ridipinture successive non permettono una lettura più puntuale.  Una possibile locanda con insegna accoglie dei viandanti; verso la cima del monte roccioso, avvolto da nuvole, abbiamo delle case rustiche con due grandi ruote, una mossa dall’acqua deviata da una canalina sospesa e delle donne che appendono dei panni ai balconi. C’è anche una torre intorno alla quale volano degli uccelli bianchi, forse colombe che lì vengono allevate. Nel crinale superiore transitano capre, pecore e relativi pastori. Oltre questo monte roccioso, al di là di un fiume, altri dirupi rocciosi dove scopriamo nell’ombra una forca, segno in questo panorama sostanzialmente pacifico della giustizia umana, non dimentichiamoci che Bartolomeo III è giudice supremo.

All’estremità sinistra della parete, sopra la porta che immette nel Grande Salone, oltre i rami secchi su cui è posato un uccello, abbiamo una roccia, al cui lato scorre l’ennesima cascatella, con uno sperone su cui è infissa un’alta croce davanti a cui si inginocchia un frate eremita con un’altra croce davanti, che prega con un rosario pendente. Dietro di lui la sua capanna, molto rabberciata, ma con una campanella a vela sul tetto. Evidentemente non poteva mancare una presenza religiosa nel contesto naturale, anche perché da questo punto è possibile iniziare un percorso di preghiera lungo le Sale del lato ovest, quello di facciata, che pur attraversando il Salone dei Fasti Romani e altre Sale arriva alla Sala degli Eremiti, appunto con figure di santi, che sollecitano riflessioni religiose e preghiere, alla Stanza della Libraria con libri di carattere religioso, per sfociare nella Tribuna della Cappella Pubblica od Oratorio dell’Angelo Custode.

A completare l’analisi della Sala, la parete ovest con le due finestre che si affacciano su piazza Esedra, e nella quale la presenza umana è scarsa e ridotta proprio

dimensionalmente, se non per un pastore che spinge due mucche su di un ponte di pietra, anche questo precario, e due barcaioli su una barca a vela. Il resto cielo, rocce con le due immancabili cascatelle, un fiume e sulla riva in lontananza una chiesetta romanica con campanile e abside semicircolare. Nelle piccole parti di parete tra angolo e finestre, il solito strano e fantasioso intreccio di rami, tronchi e rocce strette e lunghe. 

Una particolarità generale va sottolineata ed è che, quasi in tutte le piante, rigogliose o meno, sono presenti rami secchi, una chiara raffigurazione di una delle leggi fondamentali della natura, che è la sicura e costante alternanza della vita e della morte. Un sereno e ineluttabile nascere e morire, niente di trascendentale ed in questo mi trovo in disaccordo con le letture panpsichistiche, di qabbalismo, di ambiguità, di selva, proposte da A. Spiriti[1]. È nostra quotidiana esperienza il passaggio tra interno ed esterno, tra natura e cultura, tra passato e presente o tra vita e morte, appunto, e ciò lo riscontriamo nei vari percorsi di Palazzo. Sta alla nostra sensibilità, alle nostre conoscenze, cogliere le possibili lezioni, capire i perché, compiere le scelte che ci sono costantemente sottoposte dalla vita. Arrivando dalla Sale delle Rovine, dove è rimarcato il venir meno delle grandi civiltà del passato alle quali subentrano quelle nuove, alla Sala a Boscareccia, dove il ritmo vitale della Natura segue imperturbabilmente il corso delle sue leggi, ritroviamo ribaditi gli stessi concetti seppur in ambiti diversi.   Ed a proposito di leggi abbiamo qui un’ulteriore e notevole suggestione.  Nel maggio del 2017 ho avuto il grande piacere di fare una visita guidata a Palazzo al dott. Paolo Maddalena, Vice-Presidente Emerito della Corte Costituzionale e docente di Diritto Romano, che era a Cesano per una conferenza sulla “Tutela del territorio e inganni della finanza” che avrebbe tenuto in serata all’Auditorium Disarò. È stata una delle visite più belle che mi sia mai capitata in oltre vent’anni, interessante e ricca di continui scambi e stimoli culturali e pareri con questo professore di una cultura ed intelligenza notevoli. E i casi strani accadono: eravamo proprio nella Boscareccia  e nel corso delle mie spiegazioni e del suo domandare e puntualizzare ad un certo punto gli chiesi: “Scusa, ma secondo Te (eravamo giunti tranquillamente a darci subito del tu) perché Bartolomeo III che è magistrato, giudice e giurista, qui nel suo Palazzo non ha creato una Sala a celebrare la Giustizia, se escludiamo la lunetta nella Galleria al Giardino?” lui si guarda in giro e poi mi dice “Non so come mai tu mi faccia questa domanda proprio in questa Sala, ma vedi, secondo te dove credi che i grandi legislatori romani abbiano preso gli spunti, i suggerimenti, la materia per fare le leggi ? Osservando la Natura, guardando cosa avviene normalmente in essa, che è una grande maestra e qui in questa Sala si celebra la Natura” gli risposi con una battuta “Credo che sia stato il buon Bartolomeo a suggerirmi questa domanda, vedendo con chi sono”. Una risata e proseguimmo.  Da qui ecco una particolare ed ulteriore suggestione per comprendere il valore di questa straordinaria Sala, che è direi quasi un unicum per questa sua tipologia. Siamo lontani dall’intento decorativo, come del resto in tutto il Palazzo ed in cui sono presenti, seppur più piccole, ben altre tre boscarecce.

 Solo dopo Cesano possiamo riscontrare simili tipologie. Come possibile esempio precedente di grande raffigurazione di paesaggio si cita quello della Villa Aldobrandini a Frascati (ma non dimenticherei la Villa d’Este a Tivoli), ma lì il Domenichino nel 1616-8 raffigura sì ampi paesaggi, di ben oltre due metri e mezzo, ma incorniciati, e vi inserisce delle storie della mitologia, non si tratta esclusivamente di paesaggio. Sempre a Frascati la Villa Falconieri ha una sala che raffigura l’interno di un giardino a ciclo continuo sulle quattro pareti, ma senza alcuna apertura su panorami e siamo ai primi del Settecento. Un esempio praticamente contemporaneo, 1675-80, lo abbiamo a Milano nel Palazzo di Alessandro Visconti che, riprendendo il mito di Orfeo, raffigura immersi in paesaggi boschivi con ampi orizzonti oltre duecento specie di animali ed esemplari di flora, su tele dipinte ad olio che ricoprono completamente tutte le pareti di un grande salone; il ciclo è stato riproposto in una mostra a Palazzo Reale di Milano proprio l’anno scorso: nella sezione “Attività” del nostro sito ne trovate una descrizione: “Il meraviglioso mondo della natura”.

In merito all’autore della nostra Boscareccia è più che consolidata l’attribuzione al Ghisolfi e sono convinto anche senza collaboratori. La qualità pittorica è alta ovunque, con un controllo attento, ma libero e sciolto, non è lo “spadaccino” del pennello come quando dipinge le rovine nella Sala precedente. Indubbiamente segue le direttive ed indicazioni del Presidente, ma ha ampia libertà. Procede con calma e misura sia di tocco sia di tonalità, che permane costantemente nelle varianti di bruno e verde, il che contribuisce a mantenere l’uniformità della Sala. Altrettanto nei cieli in cui è presente una stratificazione delle nuvole che, abbassandosi all’orizzonte, assume maggiormente una tonalità rosata, come verso il tramonto. 

Nei grandi tronchi-colonne si innestano a più riprese rami secchi o meno, che sul cielo hanno un particolare risalto. Oltre al regolare albero sono decisamente appariscenti un paio di particolari forme di vegetazione, una a liana con fogliame ad andamento orizzontale, che è forse più una libera invenzione del Ghisolfi e diviene quasi una sua sigla e un ramo con foglie strette e lunghe ripiegate verso il basso, entrambe il risultato di sicure e flessuose pennellate.                                             

I personaggi sono condotti con la stessa immediata abilità di quelli della Sala delle Rovine, trovo un po’ meno convincenti i bagnanti, dove evidentemente le conoscenze dell’anatomia e la pratica del nudo non rientrano nelle specifiche conoscenze del Ghisolfi.

Ora torneremo sui nostri passi per visitare un’altra delle boscarecce, in cui conosceremo ulteriori e diversi significati.


[1] Andrea Spiriti, Domus Naturae. Arte e Scienza a Palazzo Arese Borromeo: la flora e la fauna della grande boscareccia, Città di Cesano Maderno, giugno 2003.  –  A. Spiriti e G. A. Lanzarone, Domus Naturae. Arte e Scienza a Palazzo Arese Borromeo, Città di Cesano Maderno, dicembre 2006  –  A. Spiriti, a cura di, L’occhio nuovo. Occhiali, microscopi e cannocchiali. Arte e scienza fra ‘600 e ‘700. Cesano Maderno, giugno 2002